"Cuono Gaglione" di Giuseppe Amico

.E’ piuttosto lusinghiero il ben nutrito curriculum di questo giovane pittore, dal quale si rivela una costante presenza artistica, matura, veritiera, descrittiva...»

 

Brevi recensioni di autori vari

- CUONO GAGLIONE «... F forse, proprio dal dialogo immaginario con il personaggio più rappresentativo del Sud (Pulcinella) nascono le opere di Gaglione, frutto delle esperienze vissute e maturate giorno per giorno, a testimoniare la necessità e la validità di un impegno sociale spesso disatteso o frainteso nell’arte.
GIUSEPPE BONGIARDINA

La pittura di Gaglione, è piacevole e piena di significato sociale mentre non manca il calore umano, il sentimento, la comprensione, l’amore e la socialità profonda e ricca di verità e di speranza, verso tutte le creature che hanno bisogno di protezione e di vita...»
FERDINANDO SIGONA

Nelle sue opere, specchio fedele dei «volti» della sua terra meridionale, presentati attraverso sentimenti, stati d'animo, modi d’essere, Gaglione rivela la sua valida tecnica pittorica e la sua spiccata sensibilità artistica con un discorso filosofico, psicologico ed umano, in difesa della vita umana e dei suoi tesori...»
ANNA MARIA SCHEIBLE DE VITO 
 
Il primo premio «tarocco d'oro», è stato assegnato, a giudizio di un''apposita commissione presieduta dal sindaco La Rocca, al pittore Cuono Gaglione di Napoli, la cui opera, equilibrata in ogni suo elemento rivela una marcata tendenza espressionistica evidenziando nel frattempo i caratteri di un contesto sociale tipicamente siciliano...»
TURI FERRO
Cuono Gaglione (Ragusa) «Ultimo atto – Omaggio ad Eduardo (olio) con soggettiva artistica interpretazione che muove da un fulcro sociologico,personalmente sentito, fornisce una testimonianza pittorica della realtà e dei sentimenti del meridione italiano attraverso l'umana visione, creata nella rappresentazione dell'attore Eduardo nel suo «ultimo atto» rappresentativo nello sfondo poetico ed amaro della «sua» Napoli. Ottima la tonalità chiaroscurale, che eleva la visione a concetto espressivo e la rende rapportata a commovente misura umana.
ANNA MARIA SCHEIBLE DE VITO

- Ed è per questo, anche, che le opere di Gaglione ci interessano; esse ci consentono di leggere la nostalgia per una realtà ormai priva d’accenti vistosi e magniloquenti dove l'invadenza cromatica ha ceduto il passo al garbato accostamento dei colori favorendo il dialogo che, pur nelle cavità della riflessione, si snoda senza tentennamenti ed agglutinamenti...»
GIUSEPPE PELLIGRA MALTES
- Cuono Gaglione (Ragusa) «Ultimo atto – Omaggio ad Eduardo (olio) con soggettiva artistica interpretazione che muove da un fulcro sociologico,personalmente sentito, fornisce una testimonianza pittorica della realtà e dei sentimenti del meridione italiano attraverso l'umana visione, creata nella rappresentazione dell'attore Eduardo nel suo «ultimo atto» rappresentativo nello sfondo poetico ed amaro della «sua» Napoli. Ottima la tonalità chiaroscurale, che eleva la visione a concetto espressivo e la rende rapportata a commovente misura umana.
ANNA MARIA SCHEIBLE DE VITO·

 

 

"Cuono Gaglione, un parallelo tra realtà e contemporaneità" di Cuono Peroni

Vi siete mai chiesti quale possa essere stato il cambiamento apportato alla pittura , alla cultura e alla tecnica , dopo l’avvento della rivoluzione Impressionista e , quindi , dopo la pittura anti-accademica ? Solo quando si crea un parallelo tra realtà e contemporaneità , quando la veridicità riesce ad entrare direttamente nello sguardo dell’uomo e ad impressionare ciò che i suoi occhi vedono , direttamente su una tela da disegno , allora vuol dire che l’insegnamento è stato degnamente messo in pratica . La storia di questo grande maestro , Cuono Gaglione , è legata ad un pennello , ad un cavalletto e ad un grande senso di evasione e osservazione critico- analitica che gli hanno permesso di inserirsi direttamente nella più aulica cultura figurativa italiana . Basti osservarele sue Bambocciate , quegli scorci di vita cittadina filtrati nella loro quotidianità , che riesce a fotografare con una diretta pennellata , cogliendone del personaggio rappresentato lo stato d’animo, la vera ed intima anima interiore , quello che sente e ciò che percepisce trovandosi al di là della tela. Si coglie la momentaneità , la fugacità e l’attimo che passa di una persona che ha tutto il bisogno di esprimere al meglio la sua interiorità e la sua forza motrice creativa , carica di valore interpretativo intrinseco ed emotivamente coinvolto . Un tuffo , quindi , nella Napoli della sua infanzia , del suo tempo , di quelle persone che nascondono la vera anima di questa città che , giorno dopo giorno , si mimetizza in due volti , quello della popolarità caotica e quello della malinconica emotività ( e in questo il maestro Gaglione ci riesce perfettamente , basti osservare i numerosi ritratti di Pulcinella , come nell’ “ Ultimo Pulcinella ” del 2003 dove , nel volto sfocato edimpreciso della maschera , si riconosce la figura di Eduardo de Filippo , ultima ed unica grande maschera del teatro partenopeo contemporaneo , nei quali traspare tutta l’allegria di una persona che vive dietro quegli abiti da fantoccio e bamboccio e di un uomo che , invece , soffre e risente della nostalgica malinconia cittadina ) . Un volto quindi , quello di Cuono Gaglione , che divide anche il suo stato emozionale attuale , c’è la volontà di far percepire i sentimenti e i moti dell’animo attraverso il corpo e la facoltà di rendere reale anche ciò che i suoi occhi vedono , riuscendo soprattutto a coinvolgere colui che sta al di qua della tela da disegno . Memorie di vita cittadina che ricordano il primo Guttuso , quello dagli anni ’30 agli anni ’50 del 1900 , un sodalizio artistico che passa attraverso opere come “ Contadini ” , “ Natività ”, come vuole la migliore tradizione figurativa cristiana , “ Natura morta ”, “ Omaggio ai pescatori ” , “ Vicolo ”, ricorda la VUCCIRIA guttusiana , “ ‘ A sommossa ”, dove tanti Pulcinella sventolano bandiere di color rosso su fondali monocromi e “ Acerra Sicilia ” dove , ancora , due volti , due realtà , vengono rapportate , messe in parallelo su uno stesso piano e sovrapposte per ricordare il binomio Gaglione – Guttuso , quei personaggi , quelle situazioni appartenenti alla vita di tutti i giorni , quelle denuncie sociali e quelle maschere che ritornano quasi a ricordo di sensazioni pirandelliane , in virtù del fatto che le opere filtrano quello spostamento di piano tra la realtà e la contemporaneità , tra la maledizione e la perdizione della veridicità e quel catartico e stoico Romanticismo storico , quel mondo dal carattere onirico venato di Pathos .

 

 "L'uomo è morto, evviva l'uomo" di Giovanni Brigandì
Bruxelles, 17 febbraio ’06

L’artista possiede una vasta gamma stilistica che applica di volta in volta, in funzione dei temi trattati. E qui potremo citare tutte le varie correnti pittoriche, sin dalle più antiche, per arrivare al grafismo. Non si può certo parlare d’ immaturità, l’artista avendo da decenni superato il tempo dell’apprendistato, e le diverse tecniche sono ogni volta “ compiute “. Vi si può allora, forse, scorgere una certa sfiducia nell’unità di stile “ univoca “ messo soprattutto in auge da un certo spirito borghese, oppure la volontà espressa di mostrarsi poliedrico, tale che gli permette il suo talento. Gaglione adatta, quindi, il medio  espressivo alla realtà puntuale. Qual’ è questa realtà ? Il variegato mondo del Sud Italiano, visto nei suoi diversi aspetti: paesaggistico, storico, sociale…Che l’arte di Gaglione aderisca cromaticamente ed espressivamente ai veri temi, altri lo hanno puntualizzato meglio che io potrei. Personalmente e modestamente, mi sembra potersi rilevare nell’opera dell’artista una lotta sotterranea ove luce e ombra si oppongono . Non assistiamo al solo realizzarsi della tecnica pitturale basata sul conforto di questi due elementi, ma ad una vera opposizione di evidenze, convinzioni esistenziali. La luce, la via, la sensualità di colori e spensieratezza, sono evidenti, diremmo paradossalmente, nelle “ nature morte “. Qui l’Artista si abbandona senza remore alla creatività che lo porta a magnificare i suoi oggetti/soggetti Per contro, laddove èl’uomo, l’uomo meridionale, il tema dell’opera, i volti sono, nel migliore dei casi, nell’ombra o dai contorni incerti o sfocati; oppure nel caso più tetro, più drammatico, le immagini umane sono come fatte di metallo sfaldato dalla corrosione o dal fuoco o resti appena riconoscibili come umani, disseppelliti da mani pietose. Questo è soprattutto riscontrabile nei temi storici o sociali. Qui l’ispirazione al didattismo dell’artista, che si alimenta al suo alto impegno sociale ed umano, ha trovato particolare forza espressiva ricorrendo spesso all’inchiostro nero con tratti forti, essenziali. E un’evidenza si impone: per Gaglione l’uomo del Sud è ferito, o morto o comunque, in lutto. o inesistente, laddove il corpo vive ancora. Tra i due poli, nature morte, nature morte, e per tanto così “vive” e l’uomo ferito o in lutto, si pongono le “ Ninfe “. Qui ci sembra poter riscontrare un potente tropismi con immagini muliebri che sembrano essere colte “ in divenire “, tra il limbo e la forma da completarsi.Artista impegnato, quindi, Gaglione e che, per tema di non essere ben capito, aggiunge all’opera pittorica una sua particolare e personale didascalia/titolo che espleti o completi il senso da dare ad ogni quadro. Non gratuita “ coquetterie “ queste didascalie, ma atto di fede e di amore nella comunicazione umana intriso di sensibilità e poesia.

 

 

"Cuono Gaglione e il sud d'Italia «Megàle Hellàs»" di Danilo Caruso

Una tendenza all'adeguamento formale verso modelli di cultura classici - tensione che parzialmente si ifa a tematiche mitologiche - si presenta nelle tele di Cuono Gaglione. Questo spirito di " grecità " si manifesta in due modi:
1) da un lato per mezzo della rappresentazione di puntualizzazioni naturali non umane (per esempio gli agrumi) nella loro versione spontanea ed armonica con tutto il resto delle cose, e per mezzo delle figure femminili che compaiono accompagnate da quella grazia e da quell'equilibrio dinamico già canoni del bello nella matura statuaria greca;
2) dall'altro lato attraverso la rivisitazione del motivo dell'identità culturale, tema che fu nell'antichità il caposaldo sociale dei popoli ellenici pur nella loro letterale divisione politica. La dedica a Salvatore Giuliano di un ciclo pittorico ha proprio quest'ultimo significato: rievocare il valore di una autonomia "nazionale" siciliana dal confronto con gli eventi ed i personaggi di quei tempi, nei quali Giuliano è interpretato come novello Robin Hood e la controversa vicenda di Portella delle ginestre assurge a momento indelebilmente paradigmatico.
Da ciò che è stato il retaggio culturale greco-classico, oltre a spunti di estetica, l'artista riprende il concetto più nobile: quello della libertà, la libertà ed il diritto delle genti ad autodeterminarsi in corpi sociali che non siano soggetti ad ingerenze esterne.
È come se in un ricorso storico fossero rivissute nuovamente le passioni intellettuali che furono al centro dell'attenzione all'epoca delle guerre dei Greci in favore della propria indipendenza contro i Persiani nel V ° secolo a. C.
Ma del Meridione in genere il pittore di Acerra (trasferitesi in Sicilia negli anni '70) riprende molteplici aspetti che ne costituiscono l'essenza più profonda radicata nel territorio. Rilevante è la presenza dell'immagine dell'acqua (mare, laghi, sorgenti) che da ispirazione a raffigurazioni naturalistiche o mitologiche (sirene, ninfe), o delle attività pratiche connesse (per esempio la pesca).
La Grecia classica definì il sud d'Italia «Megàle Hellàs» («Magna Grecia», da cui la Sicilia era geograficamente distinta): Gaglione riconosce questa comune dimensione marina dell'essere circondati dalle acque.
Più appariscente su questa linea di attaccamento alla terra può apparire la maschera di Pulcinella -più volte rappresentata -, però questo non offusca il fatto che altresì gli stessi prodotti della natura (limoni, arance, etc.) si pongano alla luce di questo medesimo angolo interpretativo.

 

 

"Cuono Gaglione, l'uomo e il pittore" di Carmelo Parrinelli

Cuono Gaglione, il maestro e l'artista. Le sue opere profumano di poetica immaginifica; vi si rappresentano personaggi di estrazione sociale semplice, sì, ma di alto significato simbolico. I suoi "Pulcinella", in particolar modo, raffigurano in maniera elegante, quanto a volte onirica, l'allegoria cialtronesca della nota maschera napoletana, così da rivelare l’essere uomo e le proprie impressioni, in una perturbante visione dei sensi.
La maschera come visione o come nascondiglio?
E' quello che ci si chiede ammirando le pennellate decise e a volte offuscate da fievoli e leggeri aliti di bianco fumo. E così Gaglione sembra riproporre in chiave umoristica e nel contempo drammatica, la vicenda dei meridionali, etichettati come giocherelloni, irriverenti, pittoreschi e allo stesso modo sciagurati; richiamando, è certo, quelle che sono le problematiche sociali. I suoi Pulcinella tendono a essere un composto di sentimenti, orme, atti impressionistici dello stato emotivo umano; uno "spicchio" di Sud idealizzato dal pennello deciso e dai colori pieni. Le sue “imprese” su tela richiamano quanto di buono e leale ci sia in ciascun individuo, adombrando così dicerie e qualunquismo, semplicemente con tocchi di espressionismo puro. I Pulcinella attraggono per le loro espressioni, per nulla penalizzati dal costume che, anzi, riveste un ruolo fondamentale nella figurazione dei sentimenti. Cuono Gaglione è certamente uno dei migliori artisti meridionali contemporanei, un pittore del Sud che scuote proprio per la forza delle sue opere.

 

"Cuono Gaglione e il suo Pulcinella" di Marina Dionisi

Cuono Gaglione - Pulcinella è una figura dalle diverse sfumature: è voce degli oppressi, eterna malinconia, anima di un popolo, morte, rassegnazione e vita. Pulcinella infatti è spesso ritratto vicino ai suoi concittadini, presente nelle loro esistenze e nelle loro sofferenze:l'Emigrante è il quadro che dimostra quanta strada abbia fatto la maschera nel cuore della gente grazie al pennello dell'artista. Quasi sfigurata dalla liquidità del colore, dal fondo sorge l'immagine stanca del Pulcinella emigrante, mollemente seduto in attesa di una speranza che forse non arriverà mai.
Ma Pulcinella non rappresenta solo la solitudine e l'abbattimento. Nella sua doppiezza - I due Pulcinella e La resa - riesce a manifestare la forza di cambiare e di risorgere con immutata violenza. Ne sono testimoni il rosso che esce timidamente dalle maniche del Pulcinella de "La resa", non vinto ma forse in attesa, e "I due Pulcinella" anch'essi caratterizzati dal rosso accesso della sottoveste che esce dalla tunica bianca. Quasi quel colore si impossessasse delle azioni (le mani) del personaggio dandogli la forza di reagire e di combattere. Ma l'artista ci mostra che non è solo la volontà di reagire e di ribellarsi che caratterizza Pulcinella. Ne "La ricchezza di Pulcinella" il personaggio viene dipinto nella sua rigidità, nella compostezza e nella silenziosa dignità. Ma la ricchezza di Pulcinella è la vicinanza con la sua terra, con quei colori forti e sfacciati che gli permettono di recuperare la propria natura, presente nella spensieratezza de "O'sunatore". Un Pulcinella, quindi, variegato quante sono le pieghe che l'artista Cuono Gaglione, con particolare cura, rappresenta nella sua veste: povera nel colore, ma sontuosa nelle fattezze. Pulcinella è il cuore del suo popolo perché non lo abbandona mai. E'questo quello che sembra volerci comunicare con tanta poesia e delicatezza il pennello di Gaglione, un artista che non ha paura di inserire la figura di Pulcinella anche alle proprie spalle: simile ad un amico e ad un angelo custode e al tempo stesso ritratto legato, quasi mostrasse chiaramente l'impossibilità di essere completamente se stesso. Ma Pulcinella è stato, è, e sarà per sempre. Questo sembra volerci comunicare il Pulcinella più espressivo della mostra, quello che ci guarda con gli occhi conosciuti e malinconici di Eduardo De Filippo, uno dei più grandi interpreti della commedia dell'arte. Sembra volerci ricordare che Pulcinella si trova dentro ognuno di noi: pronto a vestire i panni di ogni sognatore, a condividere il peso delle sconfitte e la gioia della vita... essa stessa, con le sue contraddizioni, più simile a una commedia dell'arte di tante opere adattate alla

 

"Cuono Gaglione" di Fabio Zingone

Chi ha sempre avuto fiducia nello stereotipo del tifoso rozzo ed incolto deve ricredersi alla luce degli ultimi tempo che vedono artisti e letterati seguire le sorti della propria squadra del cuore con grande passione.
A Napoli, uno dei maggiori artisti contemporanei è anche uno degli più sfegatati supporters azzurri, si tratta del noto pittore Cuono Gaglione, neo espressionista di fama internazionale che ha esposto i suoi quadri nei più prestigiosi musei d'Europa e del mondo, come la New Art Gallery di New York. L'apice del suo successo, l'ha raggiunto soprattutto negli ultimi anni, esponendo i suoi capolavori, che hanno come soggetti esclusivamente paesaggi e personaggi del Meridione, presso il Parlamento Europeo di Strasburgo.
Il pittore del Sud, come ama definirsi, tifa per il Napoli ormai da più di quarant'anni “Erano i primi anni Sessanta- esordisce Gaglione-, mio padre mi accompagnò ad un Napoli-Spal 2-1; sinceramente però ero troppo piccolo e l'unica cosa che ricordo di quella gara è la divisa della Spal, stretta a strisce verticali bianco-azzurre”. Col passare degli anni però aumenta l'amore per la maglia azzurra, ed il maestro diventa un frequentatore assiduo del S.Paolo: “Di solito non seguivo la partita da una postazione fissa. Però ogni volta che sono stato in curva B il Napoli ha sempre segnato almeno tre goal e non ha mai perso, mentre l'unica volta che mi sedetti in curva A perdemmo per 3-1”. Tanti bei ricordi sono legati a quei pomeriggi vissuti tra mille suoni e colori: “Non potrò mai dimenticare alcuni incontri come Napoli-Lazio 3-3 con tripletta di Chinaglia o Napoli-Venezia 4-0 in cui Canè realizzò un poker di reti, anche se forse la partita a cui sono più legato è Napoli-Inter dell'88 (l'anno dello scudetto perso nelle ultime giornate a vantaggio del Milan ndr)”, Ed in effetti un motivo c'è: “A ventisette anni mi trasferii a Ragusa per motivi di lavoro ed in quell'occasione tornai nella mia città soltanto su invito di Maradona, che mi regalò un biglietto del settore Distinti il giorno dopo che gli regalai un mio quadro”.
Oltre al passato più lontano però, Cuono Gaglione ci parla anche del passato più vicino e non può esimersi dal commentare le vicende extrasportive delle ultime due estati partenopee: “Purtroppo chi comanda è Carraro, che oltre a controllare la FIGC, attraverso tante ramificazioni fa valere la sua presenza ovunque; a mio avviso è anche più potente di Moggi, perciò quando decidemmo di allontanarci da quest'individuo fummo fatti fuori. Tuttavia abbiamo avuto la fortuna nella sfortuna di trovare la persona giusta al momento giusto: Aurelio De Laurentiis, che, sono sicuro, ci riporterà al più presto nel calcio che conta”.
Infine, le ultime considerazioni sul campionato in corso: “Quest'anno mi sarebbe piaciuto assistere al match del Napoli nella vicina Gela, ma motivi di salute mi hanno impedito di essere presente; credo comunque che al 99% torneremo in B, perché Marino ha allestito davvero un' ottima squadra che non ha eguali in tutta la C, forse soltanto il Perugia potrebbe disturbarci”.
E speriamo di rivedere al più presto il Maestro al S.Paolo che con il suo tifo, il suo calore, il suo pubblico, i suoi colori, potrà ispirarlo un nuovo capolavoro artistico da consegnare in occasione di un nuovo trionfo azzurro.

 

 

L'Espresso 1/ luglio / 2020

 

Giancarlo Capozzoli

 

Roma. Pulcinella non muore mai. Non può morire

 

 

"...ho lavorato molto in questo periodo di emergenza covid... in questo periodo di chiusura forzata. Alla fine ho cercato di rappresentare a modo mio, la sofferenza e la solitudine di questi mesi... E' stato duro per tutti.", mi dice il maestro Cuono Gaglione, mentre mi fa accomodare nel soggiorno accogliente di casa sua. La stanza, in una casa della periferia nord est della Capitale, si affaccia su un ampio panorama di Roma. Riesco a vedere chiaramente la cupola di San Pietro, in lontananza. "E' bello...", mi dice come per interrompermi mentre mi mostra il suo dipinto di questa vista, con l'aggiunta della sua fantasia e
dei suoi colori, di un'immagine a cui è stato aggiunto, cioè, e tolto, allo stesso tempo, qualcosa di più e di oltre rispetto al panorama che si apre, già ampio. Il maestro è come il suo soggiorno. Accogliente e antico.
Pieno di oggetti, ricordi, ritagli, spartiti, fotografie, bozze, quadri, ovali, monte. E' ordinato e pulito nel parlare. Ha questo modo antico di esporre i suoi pensieri, senza fretta, di raccontare aneddoti della sua vita da cui attingere sempre qualche dettaglio segnato su un foglio stropicciato e conservato con cura, o nell'incavo dei dettagli di monete riposte tra le altre. E' attento e preciso. La sua napoletanità mi piace e mi riporta alle mie origini. Lui che ha vissuto tra le Sicilia e Roma e l'estero, parla ancora con questa forte cadenza, tipica partenopea. Mi dice di Napoli e di Maradona, e io lo ascolto. Mentre parla mi ricorda il personaggio serio e sereno di un film di Luciano De Crescenzo, quel nonno che dice del
cavalluccio rosso da comprare per il nipotino e il furto quasi subito: mi ricorda quel ricominciare sempre daccapo, sempre di nuovo, come se qualcuno fosse sopraggiunto a chiedere cosa sia successo. E lui, sornione, riprende la storia daccapo, aggiungendo nuovi particolari alla scena. C'è un pubblico immaginario nella stanza a sentirlo raccontare, oltre me. E tutti ascoltiamo appassionati e in silenzio il suo dire pacato, di immagini e di parole.
Parla e mi ricorda Moustache, uno dei protagonisti di un film di Billy Wilder, pronto a passare ad un nuovo quadro, ad un'altra storia. Che è poi il racconto di una vita, della sua vita, della vita di questo maestro della scuola napoletana. Di Acerra, esattamente. Di un piccolo borgo alle porte di Napoli. I quadri che mi mostra, a me poco esperto di arte, raccontano degli scorci nascosti e di colori veri e immaginati della sua realtà e della sua fantasia. Sono opere che parlano della sua realtà, di una realtà intima, contadina popolare. Una realtà povera e dignitosa, autentica e concreta. Ma una realtà anche irreale e fantastica come le tinte forti dei suoi colori. Io non interrompo il suo parlare continuo. E' un piacere ascoltare la sua storia, che come detto è l'accadimento di un'epoca. Mentre parla del suo Pulcinella è il suo stesso volto, al mio sguardo, a prendere le fattezze di questa maschera della tradizione
napoletana. Gli assomiglia davvero un po'.Già, Pulcinella. E' ovunque. Tra le stradine e la cupola del paese dove è nato o tra i volti dei suoi compaesani, o tra i vicoli dirupati di questa cittadina. L'identificazione con la maschera è totale e totalizzante: è la necessità di marcare le proprie origini, la propria identità. Ma mi sembra anche la necessità di tentare di dire, indossando una maschera, la verità. Una verità d'autore.
In questo senso, la pittura del maestro Gaglione, mi sembra possa porsi come un ulteriore argine contro una certa idea di globalizzazione. Quella globalizzazione che nell'appiattire le distanze, piuttosto che avvicinare, allontana, appiattisce appunto. Rende tutto simile. Omologa. Argine da intendere come un ulteriore, se non ultimo, tentativo di ripensare ancora una volta alle proprie origini. Allo spirito delle proprie origini. Un ripensamento alla realtà attraverso lo spirito tragico, mistico e irriverente della maschera di Pulcinella, la più emblematica delle maschere della meridionalità.

E' il tentativo estremo di tenere fede, oltre una globalizzazione che vuol indurre a non pensare, a riflessioni, ricordi pensieri e tradizioni dello spirito locale, che rischiano, altrimenti, di andare perduti.

Alla fin fine la maschera di Pulcinella è questo: è il povero diavolo che abita un paradiso, la città di Napoli, così ben descritta da Benedetto Croce, che questo ha scritto deputando la città partenopea a suo luogo ideale di vita e di studi e ricerche.
Pulcinella, quel diavolo di Pulcinella, è dunque la voce narrante di questa città, di questo meridione che rischia di perder se stesso, perdendo le sue origini. Incarna la coscienza del Sud.
Ma quale sud, quale coscienza ci si potrebbe chiedere. Quella coscienza, quella consapevolezza, quella irriverenza che Massimo Troisi, ha commentato con la sua personale interpretazione della maschera in un film di un altro grande maestro, Ettore Scola,"...i padroni vanno tenuti sempre a bada...". Pulcinella/Troisi alla ricerca di un padrone, per tenerlo a bada.
In questo senso è dunque la coscienza di un rapporto tra potere e verità che va declinato ogni volta, di nuovo. Per smascherarne gli abusi. La maschera di Pulcinella, incarnazione della commedia dell'arte, è lo spirito del meridione che si congiunge con quella tradizione teatrale moderna incarnata dal fool shakesperiano. Il fool del Re Lear, ad esempio, che incarna esattamente  questo rapporto tra verità e potere: è, incarna, inscena quella verità che il vecchio re non vuol sentirsi più dire.La verità-follia è il diametralmente opposto delle parole menzognere che le persone sane dicono, sapendo di mentire. E' la verità che non sanno dire.
Pulcinella allora non è più solo una maschera ma è un pensiero che si cela in questo metalinguaggio di artifici linguistici e scioglilingua, di escamotages e servitù esibita.
Pulcinella come l'Arlecchino messo in scena da Strehler è questa servitù unita all'arte dell'arrangiarsi dalla fatica del lavoro. E' lo spirito di un popolo servo ma che si serve di un folle per ribellarsi al potere. E' la consapevolezza di Pasquino, ignorante per necessità e colto per l'urgenza di battere il potere sul suo stesso campo. Pulcinella è l'immediatezza dell'amore, è riso e pianto, è la povertà dignitosa di un sud che nella miseria della sua condizione esistenziale, ritrova la nobiltà delle proprie origini, del suo spirito più profondo.
Totò ha incarnato al meglio la maschera di Pulcinella, inscenandone vivacità smorfie espressioni e parole, innanzitutto. E appunto miseria e nobiltà, passione, dedizione cura, furbizia, semplicità. Immediatezza. Coscienza e coscienza civile. In una delle maschere (maschera appunto...) meglio riuscite dell'attore napoletano ognuno ha potuto ritrovare quella nobiltà d'animo, quella nobiltà d'animo e di spirito che le miserevoli condizioni di vita nascondono sotto stracci vecchi e lisi.Il nascondimento della contemporaneità ha messo in luce ben altri problemi, ben altre questioni. Forse per questa dimenticanza dell'origine, delle origini, che sarebbe necessario riscoprire, ridomandare. Ritrovare.
Pulcinella è riso e pianto come nei quadri del maestro Cuono Gaglione. Il suo merito è dunque questo
tenere viva l'intima spiritualità della maschera. Riso e pianto come in un prezioso racconto che ne fa
Eduardo De Filippo a colloquio con il regista Franco Zeffirelli. La maschera della modernità partenopea che si richiama alle maschere del teatro greco antico. Eduardo De Filippo la indossa, "la maschera può esprimere tanto la risata quanto il pianto", e immediatamente la mezza sola fa scomparire il confine che separa la maschera di Pulcinella da quella di Eduardo. Non a caso, dunque, uno tra i maggiori cantori di questa meridionalità che qui si sta cercando di restituire e raccontare. Qui nelle opere del maestro pittore. Che non si limita a rappresentare in maniera stereotipata vizi e virtù della sua gente, della sua popolazione, ma piuttosto li richiama ad uno spirito, ad un ripensamento costante. "...in Paradiso ci vengono pure quelli che si ribellano. Lì sono tutti uguali. Non ci sono autorità nè re...", dice Eduardo/Pulcinella in una scena memorabile. Lui mascherato chiede al Re "...vi siete mascherato?".

E' in questo senso che Pulcinella non muore mai, non può morire. "...voi potete impiccare un corpo", dice ancora Eduardo/Pulcinella, "ma lo spirito di Pulcinella che è l'anima di un popolo, rimane qua. In ogni posto della terra i popoli vogliono essere liberi, felici. Sazi".
Questo è il testamento, il segreto di Pulcinella dunque. L'intima e ultima verità di una maschera candidata da un comitato di cultori, appassionati e uomini di cultura a bene immateriale dell'UNESCO, in quanto, giustamente, espressione della volontà e dell'interesse delle popolazioni di Napoli e del Meridione, che nella maschera riconoscono il più forte simbolo della loro identità.

"Ogni uomo mente", diceva un poeta. "Ma dategli una maschera e sarà sincero".

 

Giancarlo Capozzoli